IL GLOSSARIO DI WANO

CHONMAGE capitolo 909

Si tratta del taglio capelli tradizionale usato in Giappone principalmente durante il periodo che va dal ‘600 al secolo ‘800. Considerato un vero e proprio simbolo della casta dei Samurai, la sua caratteristica principale è la rasatura della fronte con la coda e i lati che si univano per formare un ciuffo.

 

FUSHIMI INARI-TAISHA (TEMPIO) – capitolo 978:

Nell’anno 816 d.C. venne costruito a Kyoto quello che poi sarebbe diventato il più importante tempio dedicato a Inari, una divinità shintoista che protegge l’agricoltura, il terreno e il riso.

Si tratta di uno dei luoghi più belli al mondo che proprio nel 2011 è stato restaurato, riportando fedelmente gli stessi colori brillanti di un tempo. Il Fushimi Inari-taisha. Come in ogni tempio shintoista, l’oggetto che sancisce l’arrivo in un luogo sacro è il torii (per approfondimenti, vedere la voce torii). Una delle caratteristiche del Fushimi Inari è il santuario interno dove sono presenti ben diecimila torii, chiamati anche Senbon Torii, letteralmente mille cancelli. Ognuno di essi è stato donato dalle persone come simbolo di ringraziamento e riconoscenza verso la divinità Inari. Questi splendidi torii circondano l’intera scalinata che porta alla cima della montagna Inari, la divinità giapponese a cui è stato dedicato il tempio omonimo.
Nel percorso verso il castello di Kaido ci sono tanti torii messi uno vicino all’altro. Si tratta ovviamente di una citazione al Fushimi Inari-taisha che Eiichiro Oda ha voluto inserire nella saga di Wano omaggiando il suo Paese. Ma non è tutto…
Molto spesso, a guarda delle entrate nei tempi ci sono statue raffiguranti le volpi bianche. Se notate, nella splash-page del capitolo 978 ci sono due kitsune (vedere anche la voce kitsune) che sono proprio le volpi bianche e che fanno da guardia all’entrata del castello di Kaido. Questi animali sono venerati in Giappone da sempre e si trovano spesso nei santuari dedicati a Inari.

 

DANGOcapitolo 911

Dolce tipico giapponese preparato con farina di riso glutinosa. Esistono molte varianti, dolci e salate. Vengono serviti accompagnati con tè oppure con sakè.

 

GEISHAcapitolo 909

Non è un caso che proprio Nico Robin abbia avuto il ruolo di geisha nella narrazione di Wano. Questa donna infatti rappresenta l’archetipo perfetto di una figura tanto amata dagli orientali e seppur in modo un po’ stereotipato, anche dagli occidentali. Una geisha è principalmente una donna molto colta, versata nelle arti tradizionali quali musica, canto, danza. A differenza di ciò che si possa pensare – perché molti stereotipi persistono tutt’ora – la geisha non è tenuta a soddisfare gli ospiti sessualmente, quindi non è una prostituta (vedere più in basso alla voce Oiran) ma viene pagata per intrattenere brillanti conversazioni con i commensali su argomenti che possono spaziare dalla politica all’attualità alla società eccetera. Difatti, se fosse stata vittima di violenza sessuale, avrebbe dovuto compiere jigai ovvero il suicidio rituale praticato dalle donne. Quindi si tratta di una persona particolarmente raffinata ed emancipata che ha saputo marcare il suo confine d’intrattenimento oltre il quale non si doveva andare. Tutto ciò è straordinario se consideriamo il periodo storico in cui la geisha è nata, il ‘600. Nel 1617 infatti, la prostituzione divenne legale in Giappone e le cortigiane venivano molto spesso confuse con le geishe. Bisogna aspettare il diciannovesimo secolo per la costruzione delle prime strutture atte ad ospitarle e a differenziarle dalle prostitute. Con il tempo il loro ruolo verrà sempre più valorizzato fino a culminare con il diciannovesimo secolo, in piena Restaurazione Meiji nel quale la geisha rappresentava un vero e proprio simbolo di prestigio ed emancipazione femminile.

L’atto di reclutamento delle geishe avveniva durante l’infanzia, all’incirca intorno ai 10 anni, a seguito del quale entrerà in una scuola e imparerà a truccarsi, a muoversi con eleganza e persino a respirare in modo adeguato. Si tratta di un apprendistato molto severo e rigoroso nella quale la giovane maiko, ovvero la ragazza che si appresta a diventare una geisha, impara a conversare e affina tutte quelle arti tradizionali utili a dilettare gli ospiti.

 

HOKUSAI  KATSUSHIKA – capitolo 910

E’ stato un pittore e incisore giapponese, vissuto a cavallo tra il 700 e 800 e maestro della tecnica di stampa ukyo-e. In questo capitolo ci sono due citazioni alle sue opere. La grande onda di Kanagawa – entrata ormai nell’immaginario collettivo – e Il sogno della moglie del pescatore – un’opera che ha dato il via al primo tentacle rape documentato della storia.

Per approfondire la vita di questo artista sensazionale, vi consiglio la lettura del fumetto HOKUSAI di Shotaro Ishinomori. Lo trovate su Amazon QUI

 

JOROGUMO (YOKAI)capitoli 992 e 998:

questo nome può essere tradotto così:

E vuol dire “sposa vincolante”. Oppure così, molto più interessante:

Vuol dire “ragno prostituta”.

La leggenda del Jorogumo nacque nel Periodo Tokugawa (Periodo Edo). Questo mostro dalle fattezze aracnidi si trasformava in una donna bellissima per ammaliare gli uomini e mangiarli. Un giorno si avvicinò un bel ragazzo che venne attratto dalle note prodotte da questa fanciulla. Non si rese conto che mentre lui ascoltava il biwa, lo strumento musicale della donna, questa lo stava divorando.

Nel capitolo 992 Black Maria suona uno strumento a corde molto simile al biwa.

Sempre nel capitolo 992, questa donna racconta una storia romantica, accompagnata da note molto tristi:

“In una notte innevata, due amanti desideravano incontrarsi. Ma ahimè, il loro desiderio rimase invano. Infine, sotto la luce della luna si ricongiungevano! La loro passione spicca il volo!”.

Questo testo possiamo interpretarlo come vogliamo ma considerato il discorso di prima, è molto probabile che Black Maria raccontasse di come divorò quell’uomo, probabilmente un suo amante di cui era innamorata.

 

KABUKI (TEATRO) – capitolo 924

Sul teatro Kabuki si potrebbero scrivere libri interi – e in effetti se ne sono scritti – quindi essere troppo didascalici sarebbe noioso e inutile. Cerchiamo invece di estrapolare le informazioni più interessanti, giusto quelle che ci servono per capire le citazioni usate da Oda nella creazione di Wano. Durante i secoli il Kabuki ha resistito a censure, guerre, dopoguerre, incendi di massa e influenze occidentali. In particolare, la censura avvenne alla nascita del Kabuki. Non si è certi sulle origini, ma si sa che a Kyoto agli inizi del ‘600 ci furono le prime rappresentazioni teatrali volte a criticare e ridicolizzare la religione cristiana. Con il tempo, e con il successo ottenuto, i temi trattati cambiarono progressivamente, fino all’inserimento di ballerine e attrici prese dalla strada. La maggior parte erano prostitute e gli spettacoli iniziavano ad adeguarsi alle esigenze dello spettatore che molto spesso diventava cliente, riuscendo a strappare qualche atto sessuale alla fine dello spettacolo. Tutto questo ovviamente ha portato all’ira delle autorità che cercavano di abolire il Kabuku mettendolo al bando. Invano, proposero quindi alcune modifiche e censure come l’abolizione delle donne attrici, sostituite da ragazzi giovani che avrebbero interpretato il gentil sesso.

Durante la Restaurazione Meiji, ulteriori riforme cercavano di avvicinare (invano) il Kabuki alla sua origine, il No (o Noh), abbreviazione di Nogaku, considerata una forma teatrale più colta e raffinata. La sua “volgarizzazione” era proprio il Kabuki che significa, “stravagante”, “smisurato” e non doveva assolutamente cambiare forma per accontentare le esigenze di una parte di pubblico che lo voleva meno eccentrico.

Vi avevo promesso che non sarei stato troppo didascalico, ho mentito. Ma entriamo nei particolari e analizziamo le nozioni che interessano One Piece. La struttura del Kabuki viene chiamata Gidayu-mono ed è il sistema di suddivisione degli atti in cinque principali: jo-ha-kyu. In particolare l’atto “ha” rappresenta lo sviluppo della storia, quindi la parte centrale. All’interno dello “sviluppo” abbiamo una suddivisione ulteriore in altri tre atti. Se l’introduzione “jo” e la conclusione “kyu” ne possiedono uno a testa, lo sviluppo “ha” ne possiede tre, quindi in tutto sono cinque atti.

Ma è la struttura narrativa all’interno del Giudayu-mono a fungere da previsione su quello che potremmo trovare lungo la saga di Wano. Riassumendo:

  •  Jo – nascita e introduzione di ambientazioni e personaggi
  • Ha 1° atto – l’antagonista viene approfondito e crea tensione con il protagonista
  • Ha 2° atto – il protagonista viene sconfitto. Questa è la parte centrale nonché la più tragica di tutta la narrazione trovandosi esattamente prima e dopo due atti. Il climax ascendente raggiunge il suo picco massimo. Si tratta di un atto molto breve ma carico di emozioni.
  • Ha 3° atto – avviene la “discesa” del climax e il protagonista inizia ad accumulare alcune vittorie.
  • Kyu – l’antagonista viene sconfitto e la storia si chiude.

 Bisogna fare una breve annotazione. Seppur la struttura sia questa, nel Kabuki molte scene non sono correlate alla trama principale e risultano indipendenti dal tutto. Quindi la struttura “jo-ha-kyu” – essenziale al drammaturgo che si appresta a scrivere una storia – rimane tutto sommato abbastanza flessibile e non fissa e immutabile.

 

KINKAKU-JI (TEMPIO) – capitolo 909

Nella splash-page di questo capitolo, Oda ha usato l’architettura di questo tempio per costruire quello situato sull’albero in alto. Il nome Kinkaku-ji significa Tempio del padiglione d’oro. Si trova a Kyoto.

 

KITSUNE (YOKAI) – capitolo 925

Dai Pokemon a Naruto a Inuyasha per poi arrivare a One Piece, la cultura pop nipponica è pregna di personaggi che si trasformano o sono posseduti dalla spirito di una volpe, a volte con le celeberrime nove code, a volte con una sola.

Nel folklore giapponese le storie a riguardo sono molte e ognuna di esse dà un’interpretazione differente alla loro natura. Tra tutte, la più bella leggenda rimane la seguente: un uomo chiamato Ono si innamora di una donna bellissima senza sapere che la sua forma umana è soltanto un modo per nascondere il suo aspetto da kitsune. Fanno un figlio lo stesso giorno in cui il loro cane partorisce un cucciolo. Ogni volta che la donna si avvicinava al cucciolo, però, la madre iniziava a ringhiare, abbaiare e a mettersi in posizione d’attacco. La situazione degenera un giorno in cui il cane attacca la donna che costretta a difendersi, torna nella sua forma di volpe. Il cane scappa via, terrorizzato da quella forma, ma il marito la vede e scopre il suo segreto. La donna, ancora trasformata, fugge via per la vergogna. Al marito però non importava nulla dell’aspetto della moglie, poiché l’amava e l’amerà sempre con tutto il cuore; le disse che poteva ritornare a casa quando voleva. Ogni notte la volpe si tramuta in una donna e si infila tra le coperte insieme a suo marito per poi fuggire via all’alba trasformandosi di nuovo in una volpe.

Kitsu-ne infatti, significa “arrivare e dormire”. Un’altra variante del nome vuole che questo sia parte di una onomatopea. Kitsu secondo i giapponesi è il verso che fa la volpe.

La caratteristica di questo spirito è l’enorme intelligenza che può usare per fini positivi o negativi. Esattamente come le rokurokubi, anche le kitsune sono di buone intenzioni e rappresentano un ottimo auspicio di buona fortuna, raramente la vediamo raffigurata in possessioni demoniache e la sua “malvagità” si riassume in piccoli scherzi o atti leggeri di malizia.

Nel folklore giapponese questo animale è raffigurato come servitore della divinità Shintoista Inari. In molti templi in suo onore ci sono raffigurazioni di volpi.

Oltre alla grande intelligenza e alla scaltrezza, le kitsune hanno la capacità di vivere a lungo. L’aumento delle code infatti è da attribuire all’anzianità dell’animale e di conseguenza alla saggezza e al potere. Quando una kitsune raggiunge il suo apice diventa una kyubi no kitsune ovvero una volpe a nove code.

Trasponendo questo potere nel mondo di One Piece, sappiamo che Katarina Devon ha mangiato un frutto che le permette di trasformarsi in questo animale. Ci sono due indizi che rimandano al folklore giapponese. Il primo è il fatto che Katarina sia riuscita a tramutarsi in Absalom per ingannare Moriah, un evidente richiamo al fatto che la kitsune nella mitologia nipponica sia un animale capace di cambiare aspetto. Un’altra è la trasformazione in forma lunare. Solo le volpi più potenti sono capaci di trasformarsi in una Luna vera e propria. Questo può essere un rimando al soprannome di Katarina, Cacciatrice della Luna Crescente. Dal Databook delle Vivre Card abbiamo scoperto che adorava andare a caccia di donne bellissime per poi decapitarle.

 

KIYOMIZU-DERA (TEMPIO) – capitolo 909

Sempre nella splash-page, si tratta del tempio situato a sinistra. Il Kiyomizu-dera si trova nella città di Kyoto e rappresenta uno dei monumenti più antichi e importanti della città.

 

KOI (CARPA) – capitoli 910 e 999

Le carpe vennero importate dalla Cina e usate dai giapponesi per tenere pulite le risaie. Questi pesci infatti mangiavano tutti gli insetti e le larve che intaccavano il raccolto. La storia legata a questo animale è molto interessante: in alcune aree del Giappone, gli inverni sono particolarmente lunghi e molte strade all’epoca erano impraticabili a causa della neve. Quindi i contadini venivano spesso isolati dal resto del paese ed erano costretti a vivere per mesi interi nei campi che coltivavano. Non avendo altro cibo a disposizione, utilizzavano le carpe anche come fonte di sostentamento dando inizio così al loro allevamento. D’un tratto si accorsero che alcune di loro presentavano delle macchie sul dorso. Le incrociarono con altre carpe creando accoppiamenti che avrebbero generato colori sempre diversi e variopinti.

Con il tempo i giapponesi iniziarono a creare simbologie specifiche verso questo animale che, in alcuni periodi di carestia, salvò la vita a molti contadini. Oltre alla carpa in sé, anche molte leggende vennero prese “in prestito” dai giapponesi (come tante altre usanze ma non diteglielo che sennò si offendono) e le inserirono nel loro folklore.

Dovete sapere che la società nipponica è molto classista, settoriale e conformista. Il personaggio di Oden Kozuki è così amato da loro perché rappresenta tutto quello che vorrebbero essere ma che purtroppo non sono (e non saranno mai).

Quel desiderio di libertà, quella voglia di essere anticonformisti fa sognare i giapponesi che vorrebbero vivere in una società meno restrittiva fatta di pesanti codici non-scritti e una pressione sociale che i genitori vomitano sui figli fin dall’infanzia.

Ed ecco perché la carpa, tra le tante cose, è diventato un animale così apprezzato dai giapponesi: andare controcorrente è un messaggio estremamente positivo e liberatorio per loro.

La leggenda cinese racconta di questo piccolo pesce che attraversa l’intero Fiume Giallo al contrario, risalendolo alla fonte.

giusto un paio di chilometri

Fino ad arrivare alla Porta del Drago.

Dopo aver attraversato stoicamente innumerevoli ostacoli, oltrepassa questo luogo sacro e si trasforma in un dragone gigante capace di volare.

Un’altra simbologia associata a questo animale è il coraggio: quando viene mutilata sul tagliere, infatti, la carpa non si muove, resta impassibile, quasi a rappresentare il coraggio e la fierezza, atteggiamenti tipici dei samurai prima dell’esecuzione.

 

MIMAWARIGUMIcapitolo 951

Quella dei Mimawarigumi è una storia interessante, che paradossalmente non vede loro come protagonisti. Nel capitolo 951 questa forza speciale scende in pompa magna per stanare e catturare tutti gli intrusi, cioè i mugiwara. Eiichiro Oda ha fatto il furbetto, inserendo volutamente nella narrazione proprio questi personaggi per mandare un chiaro messaggio. Ma ci arriveremo, facciamo un passo indietro.
Periodo Edo, 1863 (o periodo Tokugawa). Dopo 250 anni termina questa epoca per dare il via alla Restaurazione Meiji. Lo shogunato è in profonda crisi e i cristiani hanno conquistato una fetta ampia di giapponesi; molti si sono convertiti abbandonando lo shintoismo. All’interno di una società già in bilico, acquisisce sempre più consenso la filosofia del sonnō jōi (尊 皇 攘夷), un’ideologia che rivuole l’imperatore al centro della politica governativa e non solo come mero ornamento; inoltre è essenziale espellere i “barbari” (cioè i cristiani) e ovviamente eliminare il bafuku, lo shogunato.

Al centro di questa filosofia politica c’erano gli Ishin-Shishi (維新 志士) un gruppo di attivisti politici che stavano acquisendo sempre più consensi. La paura che tutto questo potesse tramutarsi in una rivolta o peggio, una guerra civile, fece muovere lo shogunato Tokugawa e così, nel periodo che va tra il 1863 e il 1864 reclutò due forze speciali a guardia della città di Kyoto e dello shogun in persona: gli Shinsengumi e i Mimawarigumi. I primi erano composti da ronin di basso rango, samurai senza un padrone e considerando il loro ceto, furono assegnati di guardia nei distretti popolari per sedare eventuali rivolte. I Mimawarigumi invece erano composti solo ed esclusivamente da samurai di altissimo rango e ovviamente ebbero il prestigio di proteggere il Palazzo Imperiale di Kyoto nonché l’area intorno al Castello di Nijo.

Ora viene la parte interessante. Come detto prima, gli Shinsengumi si trovavano nelle aree frequentate da gente umile. Erano perennemente in contatto con il popolo e in poco meno di un anno, guadagnarono molta popolarità, oscurando il prestigio dei Mimawarigumi che in confronto apparivano inetti e incapaci. Gli Shinsengumi prestavano attenzione verso la protezione dei cittadini comuni, inoltre erano molto abili nel risolvere problemi anche violenti che avvenivano nei quartieri. Il culmine della loro popolarità la ebbero nel 1864, durante quello che viene chiamato l’incidente di Ikeda-ya. Questo nome deriva da una locanda di Kyoto nella quale si riunivano da un po’ di tempo tutti i cospiratori anti-shogunato e pro-imperatore (cioè gli Ishin-Shishi che appoggiavano le ideologie sonnō jōi). La sera del 5 giugno, un gruppo armato di Shinsengumi, irruppe violentemente all’interno di questa locanda. Il piano era stato progettato da molto tempo. In 2 ore, gli Shinsengumi arrestarono 23 attivisti e ammazzarono brutalmente 7 uomini. Dopo quella sera, lo shogunato elesse ufficialmente gli Shinsengumi come milizia ufficiale del bafuku (cioè lo shogunato stesso) e i Mimawarigumi si dispersero completamente fino a venire completamente dimenticati.

Ragionando un po’ su questo discorso, Eiichiro Oda avrebbe potuto tranquillamente chiamare “Shinsengumi” i Mimawarigumi del capitolo 951. Perché invece ha deciso di utilizzare proprio questo nome, decisamente il meno popolare tra i due? C’è un motivo molto semplice: se avete letto bene la storia, i Mimawarigumi vennero offuscati in pochissimo tempo per la loro inettitudine. Dato che in One Piece, questa forza speciale risponde direttamente allo shogun, è anche un riflesso dello shogun stesso, giusto? E considerando l’inettitudine di Orochi, il Maestro Oda non poteva far altro che utilizzare una forza speciale che fosse lo specchio dell’inettitudine dello shogun attualmente in carica. Quindi ha preferito utilizzare i Mimawarigumi, inetti come Orochi anziché gli Shinsengumi, molto più efficienti e capaci.

Questa è l’entrata della locanda Ikeda-ya a Kyoto dove avvenne “l’incidente”. Se notate in alto, ci sono dei personaggi disegnati in stile manga. Sono dei cartonati raffiguranti gli Shinsengumi di Kenshin Samurai Vagabondo. Se andate a Kyoto potete vederli. Ormai questo locale, per la sua importanza storica, è considerata meta turistica.

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MYO-O – capitolo 990

Monkey D. Luffy usa il Gear Fourth per attaccare i Numbers. Hyogorou dei Fiori lo vede da lontano e dice:

“Somiglia ad una divinità guardiana”

O “divinità custode”. Nei kanji giapponesi c’è scritto “Myo-o” mentre nella traduzione ufficiale di Mangaplus hanno preferito tradurlo in “Guardian Deity”, forse per adattarlo ad un pubblico occidentale non avvezzo alla mitologia orientale.

Poco importa alla fine, perché il Myo-o rappresenta proprio questo, un guardiano.

Fudo Myo-o appartiene ai Cinque Re Guardiani e tra tutti è il più potente, il più importante e venerato. Quando nella mitologia nipponica vedete questo numero, la maggior parte delle volte è associato agli elementi.

Fuoco, Terra, Acqua, Aria e Vuoto. Quest’ultimo non è molto conosciuto nella cultura occidentale perché le nostre dottrine religiose hanno un approccio differente da quelle orientali. Nel Libro dei Cinque Anelli di Musashi Miyamoto ad esempio, c’è un capitolo dedicato ad ogni elemento e ovviamente alla fine c’è il Vuoto, il più misterioso dei Cinque.

Fudo Myo-o invece incarna il Fuoco, il più forte. La sua missione è infatti quella di bruciare i vizi che impediscono all’uomo di elevarsi. Odio, Desiderio, Ignoranza sono i principali nemici di questa divinità.

Si tratta di una figura estremamente positiva, quindi comprendiamo benissimo come mai Hyogorou abbia visto proprio Luffy come incarnazione di Myo-o, un uomo che dovrà estirpare il male a Wano e trionfare.

Ma non è tutto. Ora viene la parte interessante…

Nell’iconografia classica, questa divinità viene raffigurata con un corpo grasso e il volto sempre arrabbiato. I capelli arruffati e le fiamme che lo avvolgono attorno. Impugna una spada enorme e il suo corpo è di colore blu.

Vi ricorda qualcuno?

IL NIGHTMARE LUFFY

E se consideriamo il Gear Fourth come citazione alla versione precedente di Thriller Bark, abbiamo praticamente la descrizione del Fudo Myo-o

  • I capelli sono arruffati e il volto arrabbiato in entrambe le versioni.
  • La pelle del Nightmare Luffy è blu e impugna una spada enorme.
  • Il Gear Fourth ha un corpo grasso e i vapori che fuoriescono somigliano a delle fiamme.

Hyogorou dei Fiori aveva proprio ragione. Monkey D. Luffy sarà colui che estirperà il male a Wano. Ed esattamente come il Fudo Myo-o, diventerà il Re più potente di tutti.

 

OIRANcapitolo 927

La figura della oiran era molto presente all’interno del tessuto sociale nipponico. Non erano solo prostitute, venivano considerate cortigiane, ovvero donne capaci non solo di intrattenere con il corpo ma anche utilizzando il canto, la danza, la calligrafia. Erano molto colte e abili nell’arte oratoria, capaci di tenere conversazioni di altissimo livello intellettuale. Così come la geisha si differenziava dalla oiran perché non intratteneva rapporti sessuali, così la oiran si differenziava dalla yujo che era una prostituta comune, ovvero una donna il cui lavoro era solo l’appagamento sessuale del cliente, e non intellettuale o artistico.

Durante il periodo Edo (o periodo Tokugawa) svolgevano le loro attività alla periferia delle città più importanti come Kyoto, Osaka e Tokyo. Questa lontananza dai quartieri popolari creava tra la gente una sorta di mitizzazione della figura delle oiran che venivano considerate delle star. E infatti solo poche persone potevano beneficiare dei loro servizi, sia per i prezzi altissimi e sia perché le oiran potevano anche rifiutare un cliente, una cosa non consentita tra le prostitute comuni. Quando un uomo chiedeva il servizio di una oiran, la lista d’attesa poteva durare diverse settimane. Il rituale era svolto in tre appuntamenti: durante i primi due, il ricco signore doveva dimostrare alla cortigiana di essere degno del suo tempo e aveva il dovere di farle vedere tutte le sue ricchezze. La donna non doveva né parlargli e né consumare qualsiasi pasto con lui. Se la donna si riteneva soddisfatta di ciò che aveva visto (che tradotto vuol dire “se aveva capito che quest’uomo poteva mantenere economicamente lei e tutte le oiran del suo quartiere”) allora cominciava il terzo appuntamento. La cortigiana iniziava una sorta di sfilata lunghissima (esattamente come fece Komurasaki verso il castello di Orochi) nella quale camminava poggiando i piedi e muovendoli sinuosamente in modo da disegnare con il piede una specie di 8. Passo dopo passo, con ogni piede appoggiato sempre avanti, arrivava nel luogo dell’incontro, a casa del ricco signore e dopo il terzo appuntamento questi poteva considerarsi un cliente abituale.

Analizzando brevemente gli abiti indossati dalle oiran, presentavano alcune differenze con quelli delle geisha. In primis, l’acconciatura era molto più elaborata con l’inserimento di tanti ornamenti tra i capelli. Caratteristica importantissima era il fiocco del kimono. A differenza delle geisha, le oiran ce l’avevano davanti. Questo perché, in quanto prostitute, era più facile da sfilare e da togliere. Il kimono era riccamente decorato e molto spesso dava il via a nuove mode. Come accennato precedentemente, le oiran, essendo distanti dal centro della città, creavano curiosità e ammirazione da parte della gente che le vedevano quasi come divinità irraggiungibili. Anche il fatto di avere i geta – i sandali di legno – alti più di venti centimetri era un modo per creare soggezione da parte della gente che vedeva una oiran altissima, più alta di qualunque altro essere umano e si sentiva inferiore nei suoi confronti. Oltre ai sandali, queste donne non indossavano i tabi, ovvero i calzini tradizionali giapponesi, neanche d’inverno. Lo facevano probabilmente per permettere a chiunque di guardare i loro piedi nudi. Che siano state proprio loro ad aver creato, tra le tante mode, anche quella del feticismo dei piedi?

 

OROCHIcapitolo 909

La leggenda di Yamata no Orochi è molto affascinante: si tratta di un enorme dragone a otto teste e otto code, talmente grande da ricoprire otto colline e altrettante valli. Le leggende che parlano di come uomini straordinari abbiano sconfitto draghi malvagi esistono in tutte le culture, orientali e non. Celeberrima è la storia di San Giorgio che sconfigge il drago, rappresentato in molti dipinti e raccontato in molte storie. Dopo aver usato del sake per ubriacare il drago – con una vaga analogia al “Nessuno” di odisseana memoria che addormenta Polifemo – uccise Orochi e tagliò tutte le sue teste. Fece lo stesso con la coda e quando arrivò all’ultima, quella centrale, vide che c’era qualcosa di duro che ne impediva il taglio netto: una spada. La Ama no Murakumo che, letteralmente, significa Spada del Paradiso o Spada Leggendaria. Si tratta sicuramente di un caso voluto da Oda, ma l’Ammiraglio Kizaru ha usato proprio questo nome per battezzare la sua lama fatta di luce. Vediamo evocarla nel capitolo 512 durante il combattimento contro Rayleigh.

Per approfondire, vi consiglio la lettura di un manga fantastico che racconta tutta la mitologia del Giappone: La guerra del riso e del ferro di Shigeru Mizuki. Lo trovate su Amazon QUI

 

OTSUZUMIcapitolo 910

Il polpo batte i tentacoli sulla testa creando un’onomatopea particolare. Molto probabilmente Oda ha preso spunto per questo rumore dai tamburi Otsuzumi, usati nel Kabuki, particolare rappresentazione teatrale giapponese nata agli inizi del ‘600. Inoltre, sempre il polpo, pronuncia un urlo: Yoooooh! simile a quello che i suonatori di questo tamburo pronunciano alla fine della loro rappresentazione.

 

ROKUROKUBI (YOKAI) – capitolo 919

Il culto predominante in Giappone è lo shintoismo, una delle poche religioni politeiste/panteiste rimaste che considera la natura come un insieme eterogeneo di spiriti che vi albergano e che danno vita a tutte le cose, dalle più piccole alle più grandi. Gli Yokai, nello shintoismo, sono spiriti mutaforma che possono trasformarsi in qualsiasi cosa, da oggetti ad animali ad esseri umani. Alcuni di essi hanno atteggiamenti e intenzioni pacifiche  –  e spesso sono auspicio di buona fortuna  (vedere in alto alla voce Kitsune) –  altri invece sono malvagi  –  esempio fra tutti, gli oni, i demoni del folklore nipponico oppure la famosa Yuki Onna, la donna delle nevi, un nome utilizzato da Zoro in riferimento a Monet a Punk Hazard. I rokurokubi non sono propriamente spiriti benevoli, anche se raramente sono aggressivi nei confronti degli umani e la loro malvagità si limita a dispetti e piccole cattiverie. La loro caratteristica principale è quella di allungare il collo, un atto che compiono solo di notte mentre di giorno si comportano come semplici donne umane, senza dare nell’occhio. Sull’isola di Wano, la professoressa che cerca di indottrinare gli alunni sulle false informazioni riguardanti la famiglia Kouzuki è un chiaro riferimento proprio ai rokurokubi. Oda però disegna la donna con il collo allungato nonostante sia in pieno giorno.

 

SENTO: capitolo 935:

Nami, Nico Robin e Shinobu si trovano in un sento, un tradizionale bagno pubblico. Facciamo subito una distinzione: i sento sono strutture che utilizzano l’acqua proveniente dagli acquedotti pubblici mentre gli onsen sono sorgenti termali che si creano in natura vicine ad un vulcano.

I sento sono quindi strutture artificiali create dall’uomo che riproducono l’esperienza degli onsen.

Così come per le katana, per i wagasa (per approfondimenti vedere la voce wagasa) o per la pittura ukiyo-e, anche i sento sono un ottimo espediente che ci permette di capire meglio la società giapponese.

Il Giappone ha come religione predominante lo shintoismo, basata principalmente sull’adorazione di molte divinità e spiriti della natura. L’acqua ha un ruolo fondamentale per poter comunicare con essi. Compiere abluzioni (bagnare tutto il corpo) oppure inumidire mani e bocca prima di pregare è un atto normalissimo che permette una comunicazione più profonda con la divinità da invocare.

Essendo l’acqua importantissima come tramite tra l’uomo e il divino, il bagno non poteva che rappresentare uno dei luoghi preferiti dai giapponesi.

Attraverso gli anni, il sento ha subito molte trasformazioni per venire incontro alle esigenze della società nipponica che mutava. I primi bagni pubblici risalgono al periodo Nara (710 d.C.) e con l’avanzare della tecnologia, anche le strutture cambiavano. Ci sono gli spogliatoi, la stanza delle caldaie e il luogo dove effettivamente ci si fa il bagno.

Dal Periodo Nara fino al Periodo Edo, molti sento avevano la caratteristica di essere “misti”, cioè donne e uomini nello stesso luogo di balneazione e non in camere separate. Infatti se notate bene, nel capitolo 935-936 di One Piece in cui vediamo Nico Robin, Nami e Shinobu, ci sono anche molti uomini nello stesso luogo, oltre che donne. Considerando la saga di Wano che narra principalmente la storia del Giappone nel Periodo Edo, i bagni misti sono storicamente attendibili dato che in questo periodo, esistevano ancora.

Dopo la riapertura delle frontiere, il periodo Edo lascia il posto a quella che viene chiamata Restaurazione Meiji nella quale gli occidentali entrano nella società nipponica per fare affari o semplicemente per viaggiare e scoprire questa “terra misteriosa”; molto spesso gli occidentali hanno modificato usi e costumi giapponesi e i sento non sono da meno. Molti europei credevano immorale l’uso di bagni misti e alla fine riuscirono a farli abolire facendo pressione al Governo Meiji che cedette.

Ai giorni nostri i bagni pubblici continuano a resistere come forma di tradizione e molti proprietari hanno aggiunto ristoranti, bar e sale di lettura adiacenti per attirare più clienti. La tecnologia ha reso molto efficienti e moderni i sento.

Per chi fosse interessato a leggere una storia incentrata (quasi) principalmente sui bagni pubblici, potrebbe trovare piacevole (e divertente) il manga Thermae Romae di Mari Yamazaki. Ha ricevuto molti premi importanti e grazie alla sua popolarità, sono stati girati due film.

 

SEPPUKUcapitolo 909

Celebre suicidio rituale giapponese. In questo capitolo vollero imporlo a Zoro come condanna a morte con l’accusa di furto dell’Acqua d’Autunno. In breve, per un seppuku occorreva avere un pugnale, chiamato tanto, senza elsa che tagliava il ventre partendo da destra verso sinistra. Il taglio scorreva in orizzontale e poi andava verso l’alto, in modo da seguire la forma della gabbia toracica. Per far sì che il corpo cadesse in avanti – e se ciò non fosse, sarebbe stata una mancanza di rispetto enorme nonché un gesto poco nobile  –  bisognava mettersi nella classica posa in ginocchio, chiamata seiza. Un kaishakunin ovvero un amico molto fidato aveva il compito e l’onore di decapitare il suicida per evitare che il suo volto, facendo una brutta smorfia per via del dolore, disonorasse questo atto che  –  voglio ricordare  –  a differenza degli occidentali che consideravano e considerano tutt’ora il suicidio come l’atto più ignobile che esista – rappresenta per il Giappone il più elevato e puro degli onori concessi a un condannato a morte oppure ad un uomo a cui era stato tolto l’onore.

Da un punto di vista etimologico, il termine seppuku ha lo stesso significato di harakiri, con alcune lievi differenze. Nel Giappone antico si usava la lingua cinese come lingua dotta, esattamente come l’occidente usava il latino. Quando si parla  di  seppuku  si  utilizzano  i  seguenti  ideogrammi “切腹” mentre per harakiri “腹切”. Se notate, li abbiamo soltanto invertiti. Nel primo la pronuncia è cinese, nobile e colta, la seconda è invece giapponese, più comune e popolare. Si prediligeva “seppuku” per indicare il suicidio rituale, quello nobile, nel quale si utilizzava l’aiutante, il kaishakunin che aveva il compito di decapitare la testa dell’individuo. L’harakiri invece era il suicidio senza decapitatore, un atto nel quale il malcapitato moriva tra lunghe e atroci sofferenze e senza nessuno che le terminasse. Erano gli uomini comuni ad usare l’harakiri mentre i nobili il seppuku.

 

SHAMISENcapitolo 909

Si tratta di uno strumento musicale tradizionale giapponese. La sua forma, in breve, assomiglia ad un Banjo, infatti appartiene alla famiglia dei liuti. È formato da tre corde e una cassa ricoperta con pelle di serpente. Fu inventato in Cina e poi successivamente importato in Giappone. È uno strumento essenziale durante le rappresentazioni del teatro Kabuki.

 

SHISHIcapitolo 910

Il cane che combatte contro il babbuino a fine capitolo ha una simbologia particolare. Tecnicamente si tratta di un cane-leone e in Giappone queste statue di pietra vengono quasi sempre esposte in coppia, una con la bocca aperta e l’altra con la bocca chiusa. Secondo la leggenda sono dei guardiani che fungono da atto propiziatorio e augurio di buona fortuna. In Giappone non è insolito trovarli all’entrata di ristoranti o anche luoghi sacri.

 

SHOGUNcapitolo 909

Rappresenta il grado militare più elevato, paragonato a quello di “Generale” in Occidente. Interessante è l’analogia secondo cui Orochi sia uno degli uomini più potenti di Wano, inferiore solo a Kaido, il suo Imperatore, intendendo questo termine quasi nella sua accezione classica. Lo Shogun, infatti, era l’esecutore degli ordini del suo monarca. Questo fino al XII secolo.

Era l’anno 1185 durante la fine della guerra di Genpei, che vide trionfare un clan su tutti, i Minamoto. Un nome si erse tra le migliaia di morti, Yoritomo.

“Era l’ultima fase della guerra del Genpei che vedeva schierati i Taira contro i Minamoto, cioè il vecchio e il nuovo, i privilegiati di un tempo e i nuovi signori in cerca di fortuna. […] La battaglia era imminente e non poteva essere rinviata. Da tempo i due clan si guardavano a vista e ognuno desiderava una mossa falsa dell’altro. «Li attaccheremo con il favore della notte [disse Yoritomo ndr]» Anche questa era una decisione da grandi strateghi. Essi sanno che la vittoria arride facilmente in queste circostanze, infatti fu un enorme trionfo. […] Da lontano, le fiamme del castello si libravano nel cielo. La notte si
tingeva di rosso, mentre il buio si diradava. La tattica del blitz aveva funzionato”.

Fonte: Leonardo Vittorio Arena, Samurai ascesa e declino di una grande casta di guerrieri, Edizioni Mondadori.

Minamoto fu un grande stratega militare che dopo la guerra di Genpei e la sottomissione dei Taira ottenne così tanto potere e consenso da divenire persino più importante dell’Imperatore stesso. In Giappone instaurò il primo “Bafuku” nel 1192, ovvero il primo Governo Militare con a capo lo Shogun stesso. Venne ricordato come “Shogunato Kamakura”. Dopo di lui ci furono altri 8 Shogun, tutti appartenenti al clan Minamoto, fino al 1333  –  dopo 141 anni  –  nel quale alcuni clan ancora fedeli alla monarchia riuscirono con successo a restituire il potere all’Imperatore.

 

SHUTENDOJIcapitolo 921

Oda ha preso il nome di un personaggio realmente esistito e lo ha tagliato a metà, un po’ come ha fatto con Edward Teach, il Barbanera storico, dividendo il suo nome a metà e creando Edward Newgate e Marshall D. Teach. Shutenmaru e Ashura-doji diventano quasi due individui differenti ma in realtà sono la stessa persona, solo presi in due differenti periodi della sua vita. Se Ashura-Doji era il capo dei criminali prima che Oden lo sconfiggesse, Shutenmaru è probabilmente il nome che si è scelto per cambiare identità e quindi voltare pagina di un capitolo un po’ “in ombra” della sua vita.

Nella leggenda, Shutendoji era un oni, ovvero un demone nel folklore giapponese [rimando alla voce Rokurokubi più in alto per ulteriori approfondimenti]. Venne sconfitto da un samurai leggendario – esattamente come Ashura-doji venne sconfitto da Oden – chiamato Raiko.

 

SOJOBO (TENGU) – capitolo 911

Nonostante questa voce si trovi più in alto, vi consiglio di leggere prima la descrizione dei Tengu (due voci sotto questa) e poi tornare qui e approfondire questa.

Dunque, Oda non si è ispirato ad un Tengu qualsiasi durante la creazione del personaggio di Tenguyama Hitetsu  –  il maestro di O-Tama  –  ma al Sojobo, ovvero colui che si trova a capo dei Tengu. Il Sojobo infatti è un eremita dai lunghi capelli bianchi. È solito portare un ventaglio formato da sette piume, esattamente come l’elsa della spada di Hitetsu, che raffigura proprio sette piume. Inoltre possiedono un naso lunghissimo e vivono tra le montagne. Direi che si tratta di una citazione praticamente esatta del personaggio.

 

TAIKOMOCHI – capitolo 929:

Quando ci viene presentato Tonoyasu, lo vediamo insieme a Zoro intento a cantare, danzare e sorridere. Sappiamo che il suo modo di fare è una costrizione fisica dovuta all’ingerimento dello SMILE, però resta comunque una citazione che Eiichiro Oda ha sapientemente inserito nella narrazione di Wano.

Potremmo definirlo come la controparte maschile della geisha (per approfondimento, vedere la voce geisha). La figura del taikomochi nacque allo scopo di intrattenere i daimyo con varie arti quali il canto, la danza, la calligrafia. Non solo, erano anche abili consiglieri durante le guerre.

Con l’avvento del periodo Edo, il Giappone chiuse le sue frontiere all’esterno e quindi attraversò un periodo di pace che si protrasse per più di due secoli. In questo modo, il taikomochi aveva perso il suo ruolo di consigliere strategico perché nessuno andava più in guerra, quindi divenne un semplice intrattenitore.

Durante il XVII secolo, tutti i lavori che avessero a che fare con l’intrattenimento e il “piacere” (inteso come prostituzione) dovevano essere svolti all’interno di quartieri appositi. Edo (il nome antico della città di Tokyo) aveva Yoshiwara. I taikomochi potevano esercitare la professione solo lì dentro e presto fu inevitabile un’unione professionale con le oiran (vedere anche la voce oiran per maggiori approfondimenti) e ovviamente le geisha. Considerata la stragrande maggioranza di clienti maschili, il taikomochi si ridusse a semplice intrattenitore in attesa dell’arrivo della geisha, la grande star della serata.

Come per moltissimi usi e costumi giapponesi, anche la figura del taikomochi subì un enorme declino durante la Restaurazione Meiji quando il Paese riaprì le frontiere al resto del mondo e subì un’occidentalizzazione con nuove mode importate dall’Europa e America.

Nei nostri giorni i taikomochi sono davvero rarissimi ma tuttavia resistono alla modernizzazione e fanno di tutto per proteggere e preservare questo mestiere antichissimo.

 

TENGAIcapitolo 917:

Si tratta del casco fatto di paglia usato da Law per non farsi riconoscere da Hawkins. La storia di questo oggetto è interessante, poetica e molto filosofica. Veniva usato durante il periodo Edo (tra il ‘600 e ‘800) da un particolare ordine di monaci buddisti Zen chiamati Komuso. Questi suonavano un flauto particolare chiamato Shakuhachi in mezzo alla gente per alleviare la tristezza dell’animo che attanagliava loro e gli altri. Infatti usavano proprio questo casco per ottenere un’immagine di anonimato e sottolineare la vacuità dell’essere umano in quanto privo di un volto, privo di una personalità individuale.

 

TENGUcapitolo 911

Nella mitologia giapponese sono demoni con forme antropomorfe. Ne esistono di due tipi. I Karasu-tengu simili a dei corvi e i Konoha-tengu dalle fattezze più umane ma con la caratteristica forma lunghissima del loro naso. Altra caratteristica sono i loro zoccoli tradizionali, chiamati geta. La società dei Tengu è estremamente gerarchica, con i Karasu in basso e il Sojobo al vertice. Secondo il folklore, odiano le persone arroganti e spesso li infastidiscono nel sogno. Questa loro avversità per la superbia pare sia un indizio del fatto che proprio le persone più arroganti, una volta morte, si reincarneranno nei Tengu per espiare le loro colpe. Sono anche abilissimi nella creazione di strumenti di morte, di qualsiasi tipo e infatti, sempre secondo la leggenda, pare che Minamoto no Yoshitsune, fratello del grande Yoritomo [vedere in alto alla voce Shogun] abbia appreso l’arte della spada dal capo dei Tengu, il Sojobo. Si trattava di un onore senza pari. Per fare un esempio, era come se un Re occidentale avesse alimentato la leggenda secondo cui imparò a combattere da Ares in persona, il dio greco della guerra.

 

TORIIcapitolo 909

Nella splash-page di Wano sono i due portali di colore nero situati ai lati del castello sull’albero. Perché i torii sono esattamente questo, portali   –  che nella realtà sono di colore rosso  –  costruiti appositamente per delimitare delle aree sacre. Varcato un torii, infatti, si entra in un Jinja, un santuario shintoista. Esattamente come gli stili architettonici greci, dorico, ionico e corinzio, anche i torii possiedono vari stili che si sono succeduti nel tempo e che ne hanno subìto influenze e contaminazioni anche da parte dell’esterno (uno su tutti, il Mihashira torii che presenta forme completamente diverse dagli altri e si pensa siano stati costruiti dai primi cristiani giapponesi in modo che emulassero la forma di una chiesa). I torii dai quali Oda ha preso ispirazione per la splash-page sono principalmente due: quelli del santuario di Fushimi Inari-taisha e il torii galleggiante di Itsukushima sull’isola di Miyajima. Come ulteriore tocco artistico, il Maestro ha usato lo stile architettonico degli Hizen torii che presentano delle peculiarità diverse dai due portali sacri descritti poc’anzi. Quelli di Wano  –  esattamente come gli Hizen torii  –  hanno le colonne che si allargano verso il basso, una caratteristica che né il Fushimi Inari-taisha e né quello di Itsukushima hanno, dato che la forma delle loro colonne è regolare e non si allargano alla base.

 

WAGASAcapitolo 978:

Si tratta dell’ombrello tipico giapponese. I primi wagasa risalgono alla prima metà del ‘500. Siamo in pieno periodo Edo e questi oggetti erano considerati indice di status elevati. Più avanti divenne accessibile a tutti a tal punto che praticamente ogni persona ne possedeva uno.

Avere un wagasa era così “alla moda” che presto ebbe uno spirito tutto suo. ll Giappone ha come religione predominante lo shintoismo, una filosofia di pensiero che prevede la presenza di spiriti della natura dalle forme più varie chiamati yokai.

Dopo l’enorme popolarità del wagasa, i giapponesi lo tramutarono proprio in uno yokai chiamato Karakasa Obake (letteralmente Fantasma dell’Ombrello). La forma di questo spiritello è quella di un ombrello chiuso con un occhio al centro e una gamba al posto del manico che indossa un singolo geta (per approfondimento, vedere la voce oiran).

La creazione dei wagasa avviene rigorosamente a mano. I materiali usati sono il bambù per il manico e lo scheletro di base e il washi (una carte molto resistente) per la parte superiore. L’enorme precisione nel meccanismo di apertura lo rendono un oggetto davvero unico nel suo genere.

Come spiegato prima, il wagasa nacque e divenne un oggetto alla moda durante il periodo Edo. Quando il Giappone si aprì all’occidente, terminò questo periodo e iniziò la cosiddetta Restaurazione Meiji durante la quale l’occidente contaminò questo paese (che rimase chiuso al mondo per più di 250 anni) con oggetti, usi e costumi tipici europei e americani. L’ombrello tradizionale fu uno di questi che pian piano sostituì il wagasa.

Oggi si utilizza il wagasa principalmente durante i matrimoni o avvenimenti mondani. Anche nel teatro Kabuki (vedere la voce kabuki per approfondimento) durante le scene con gli attori è molto usato.

 

WA-NYUDO (YOKAI) – capitolo 1005

Si tratta di un monaco (infatti ha la testa rasata) intrappolato in una ruota fiammeggiante. Secondo le leggende quest’uomo era un’anima dannata dell’Inferno tornata sulla Terra per espiare le sue colpe, i suoi peccati.

Lo si può sentire per le strade di notte che urla per il dolore delle fiamme che lo avvolgono perennemente. È molto pericoloso e la gente comune, nel caso avesse la sfortuna di vederlo (o sentirlo) a distanza, dovrebbe allontanarsi immediatamente e tornare a casa.

Il wa-nyudo si ciba delle anime dei mortali e le trascina all’Inferno utilizzandole come pegno per i suoi peccati. Solo così può trovare la sua pace, sacrificando quante più persone possibili sul piano terreno. È un demone che adora essere sadico.

C’è una leggenda molto popolare in Giappone. Era notte fonda, una donna sentì questo mostro girare per le strade. Per la curiosità aprì la porta. Il wa-nyudo le urlò: “Invece di pensare a me, dovresti vedere il tuo bambino”. La donna si girò e vide suo figlio neonato con entrambe le gambe mozzate, morto in una chiazza di sangue.

Il wa-nyudo le stava divorando proprio in quel momento. Ammazzando il bambino si prese la sua anima.

Facendo una trasposizione con One Piece, è interessante notare come l’arma di Black Maria sia un uomo intrappolato sotto atroci sofferenze, cioè la punizione che questa donna concede a tutti i maschi suoi nemici.

YOKAI

Vedere le voci Rokurokubi, Kitsune, Wa-nyudo.

 

YOKOZUNA (URASHIMA) – capitolo 911

Questo nome è apparso già molto tempo fa durante la saga di Water 7. Il grosso rospo che tenta di bloccare il treno marittimo si chiama proprio Yokozuna. Utilizza una tecnica che ricorda vagamente quella del Sumo, antichissimo sport di contatto giapponese. Tutti noi sappiamo cosa è il Sumo quindi non voglio approfondire. La cosa interessante è questo nome, un riferimento al massimo titolo assegnato ad un lottatore di Sumo. La cosa interessante è che non viene dato ogni anno ma viene concesso solo ai lottatori considerati “degni” di meritarselo, quindi può passare anche molto tempo per l’assegnazione di un nuovo Yokozuna. A differenza dei titoli sportivi occidentali, questo non può essere revocato, infatti chi lo riceve lo mantiene per tutta la vita.