LA GRANDE MADRE

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                                                                                      [ARTICOLO DI BENN BECKMANN]

La prima cosa che ho pensato di fare dopo aver letto l’ 843 è stata tirare fuori una vecchia associazione, quella che vede Big Mom come la personificazione della “Grande Madre” preistorica, per approfondirla e darle nuova linfa vitale. 
Questo è ciò che proverò a fare, ma per farlo ci occorrerà intraprendere un viaggio nella mitologia e nella religiosità di ogni tempo, per approdare infine nell’ antica Grecia.

Vi siete mai chiesti quale sia stata la prima divinità ad essere venerata dall’ uomo?
Con ogni probabilità si trattò della stessa Terra.
Si può infatti affermare che quello della “Grande Madre” sia stato uno dei primi culti, se non il primo, ad affermarsi sul nostro pianeta.
A conferma di ciò abbiamo non poche testimonianze “artistiche” risalenti addirittura al Paleolitico.
A questo proposito la “Venere di Willendorf” (in foto), databile a 25.000 anni fa, costituisce l’ esempio di maggiore importanza.


Essa tuttavia fu impropriamente definita “Venere” quando fu rinvenuta, non trattandosi certo di una rappresentazione della famosa dea greco/romana, che non era affatto una divinità “totalizzante” come lo era la Grande Madre.
Oltre a notare un’ affinità fisica tra Big Mom e la “Venere di Willendorf” (e le altre statuette omologhe dell’ epoca),
è fondamentale chiedersi perché gli antichi fossero rivolti al culto della Grande Madre, perché fossero soliti raffigurarla e perché la raffigurassero in questo modo.

A tal proposito bisogna innanzitutto tener conto della diversa funzione che l’ arte svolgeva nella preistoria.
Gli antichi ritenevano che essa avesse una funzione magica, rituale, propiziatoria, una funzione dunque fondamentale in un’ epoca in cui l’ uomo subiva la natura e da quest’ ultima dipendevano esclusivamente le sue possibilità di sopravvivenza.
E a chi più che alla “Grande Madre nutrice” (la Terra), cui l’ uomo deve tutto e con cui vive in rapporto simbiotico, andavano indirizzati i riti propiziatori?
Poniamo una scala di valori: ogni uomo mette dinanzi ad ogni altra cosa la propria sopravvivenza e tutto ciò che ad essa è funzionale, poi tutto il resto.
Ecco perchè il culto della Grande Madre nacque così tanto tempo fa, perché ad essa, che sapeva essere benigna e matrigna, bisognava appellarsi per la sopravvivenza propria e della specie. 
E l’ arte in questo senso era essenziale.
Di qui un’ altra conseguenza: se la Terra era da intendersi come “madre fertile”, quale modo migliore di rappresentarla antropomorficamente se non attraverso la donna, a sua volta generatrice di vita, senza la quale la specie umana sarebbe destinata ad estinguersi (si pensi al mito del Ratto delle Sabine)?

Si badi bene a questo passaggio e si faccia il raffronto con il canone di bellezza delle statue greche femminili.
Come noterete la differenza è enorme.
È solo causa della differente perizia tra “scultori” preistorici e scultori greci?
No di certo.
Era forse caduto in disgrazia il culto della Terra?
Nemmeno.
Era soltanto radicalmente mutata la funzione dell’ arte.
Per i greci l’ arte doveva rappresentare il bello e avvicinarsi, per quanto possibile, alla bellezza propria degli dei, non aveva un secondo fine; per l’ uomo preistorico invece quelle rappresentazioni avevano una funzione: erano necessarie per ingraziarsi la Grande Madre, che sapeva essere immensamente docile e spaventosamente cattiva (come Big Mom insomma).
Ecco perchè la donna greca è rappresentata come perfetta nella sua bellezza mentre la donna preistorica, che simboleggiava la natura fertile e abbondante, è mostrata con ventre, glutei, fianchi e seni molto pronunciati, senza nemmeno badare a scolpirle un viso (la Venere di Willendorf infatti non ha un viso definito).
L’ importante era propiziarsi la benevolenza e la fertilità della Grande Madre e per riflesso della donna, il resto erano sovrastrutture che non avevano rilevanza alcuna in un’ epoca in cui era in gioco la sopravvivenza della specie.
Si noti un ultimo aspetto: la Venere di Willendorf era originariamente dipinta di rosso, il colore del sangue mestruale, a rappresentare la donna (e per esteso la Terra) di nuovo in grado di creare la vita.

Il culto della Grande Madre ha avuto grande fortuna in ogni epoca e angolo del pianeta.
Gli antichi erano soliti ripetersi che la Grande Madre fosse dappertutto:
negli alberi, nell’ acqua, nel fuoco, nelle pietre, negli animali, nelle colline.
Lei è tutto ed è rintracciabile in ogni cosa.
Ancora una volta viene spontaneo l’ accostamento con Big Mom e con il suo Jolly Roger, che rappresenta gli elementi della vita.
Fra le sterminate declinazioni che ha avuto il culto della Grande Madre ne cito due soltanto:

Iside (cui sono dedicati alcuni interessantissimi inni che vi invito a leggere) in Africa del nord;

– L’ affascinante figura babilonese di Ištar, al contempo dea (benefica) della fertilità, dell’ amore e dell’ erotismo e dea (malefica) delle guerre e delle tempeste, che un po’ richiama la bipolarità e gli elementi di Big Mom.

C’è inoltre un aspetto di vitale importanza che va evidenziato.
L’ attributo principale della Grande Madre e delle dee che ne hanno raccolto l’ eredità in ogni tempo e spazio, è il “polos” che altro non è che un cappello, un copricapo, che in ogni rappresentazione ne cinge la testa.
Anche Big Mom ha questo elemento ed esso pare avere un ruolo importante.

Mi pare il caso, infine, di soffermarci sulla mitologia greca, avendo Oda richiamato le figure di Zeus e Prometeo, seppure erroneamente in quest’ ultimo caso, in quanto Prometeo non ha molto a che vedere con il Sole. Più consono sarebbe stato un richiamo ad Elio o ad Apollo. 
Detto questo, cerchiamo di capire a quale divinità femminile dell’ antica Grecia Oda possa essersi ispirato.
Tre sono le figure su cui porrei l’ attenzione: Gea (o Gaia), Rea e Hera.
Nonostante tutte loro siano in qualche modo eredi del culto della Grande Madre e nonostante in Rea ci sia un’ interessante ambivalenza che la rende al contempo simbolo della forza creatrice e distruttice della Natura, direi che il richiamo più evidente pare essere a Hera (Giunone per i romani), moglie di Zeus.

Ci sono alcuni aspetti e attributi di questa dea, infatti, che si ricollegano a Big Mom. A cominciare dal nome.
La maggior parte dei grecisti ricollega il nome della dea al termine “hora” (stagione) e ne interpreta il significato come “pronta per il matrimonio”.
In effetti ella era la dea protettrice del parto e del matrimonio. Vi ricorda qualcuno?
Senza contare che anche nel suo culto erano continui i riferimenti alla natura, alla fertilità, alla procreazione e agli altri attributi della Grande Madre di cui vi ho 

parlato, e che anche Hera era dea al contempo creatrice e distruttice, come dimostra il frutto che stringeva in mano: una melagrana, simbolo di fertilità e di morte.
Un’ altra leggenda peraltro vuole che proprio Prometeo fosse figlio di Hera, che lo partorì dopo essere stata violentata dal gigante Eurimedonte, e questo giustificherebbe l’ odio di Zeus nei confronti di Prometeo.

Altro aspetto da evidenziare è che nel Jolly Roger di Big Mom, tra gli elementi raffigurati c’è un albero. Bene, vi interesserà sapere che la quercia, albero per eccellenza per tutti i popoli dell’ antichità, è l’ albero sacro a Zeus, e che anch’ esso è simbolo della vita.

Direi che possiamo fermarci, vi chiedo scusa se ho divagato troppo in discorsi artistici, storici e mitologici, solo mi sembrava fosse il caso di ridare vigore ad un accostamento che alla luce degli ultimi elementi pare aver guadagnato punti.
Vi ringrazio per l’ attenzione.

FONTE 

LA GAZZETTA DI ONE PIECE

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